23 Aprile 1946, Vespa: nascita del mito
23 Aprile 1946, Vespa: nascita del mito. Quel giorno venne brevettata la nostra due ruote preferita. Questa data però è solo la punta dell’iceberg di tutto quello che c’è stato prima di portare la Vespa a vedere la luce 71 anni fa.
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L’azienda Piaggio, come l’Italia intera, durante la seconda Guerra Mondiale fu totalmente disastrata: i capannoni della produzione a Pontedera furono minati e bombardati fra gli alleati in attacco e i tedeschi con i repubblichini italiani in una ritirata disperata. La produzione Piaggio si spostò momentaneamente in Piemonte, nel biellese. Li l’ingegner Renzo Spolti ricevette, direttamente da Enrico Piaggio, l’incarico di progettare un mezzo a due ruote. Doveva essere semplice sia nella costruzione sia nella manutenzione, che evitasse di sporcarsi di fango (l’asfalto era pura utopia ai tempi), adatto all’uso di tutti i giorni ed in tutte le condizioni, in sintesi doveva essere pratico e comodo nell’uso. La Piaggio nel periodo bellico produceva motori per velivoli militari, ma già cercava il modo di sopravvivere all’alba della futura pace.
Il primo prototipo, l’MP5.
Dalla mente dell’ingegner Spolti, coadiuvato dall’ingegner Casini, nacque il progenitore della Vespa, l’MP5, soprannominato affettuosamente “Paperino” dagli operai addetti alla sua costruzione: uno scooter provvisto di scocca in lamiera di acciaio autoportante con un ampio scudo anteriore, pedane poggiapiedi con tappetini in gomma e motore monocilindrico con cambio automatico e trasmissione a catena. Aveva un solo difetto: il tunnel centrale il quale rendeva difficile l’accesso al mezzo, dovendolo cavalcare quasi come una moto tradizionale.
Per via di questo vistoso difetto, Enrico Piaggio bocciò il progetto. Non solo, riportata la Piaggio a Pontedera, chiamò a rapporto l’ingegner Corradino d’Ascanio affidando a lui lo sviluppo di un secondo progetto.
Il prototipo definitvo, l’MP6.
D’Ascanio era un ingegnere aeronautico, per giunta odiava le motociclette, quindi sembrava una beffa per lui doversi occupare proprio di un mezzo a due ruote. Accolse però la sfida e si gettò all’opera, quello che ne venne fuori fu un mezzo fuori dal comune, innovativa per quel periodo storico: l’MP6.
In comune con l’MP5 aveva solo la scocca autoportante. L’MP6 era spinta da un motore monocilindrico di 98cc raffreddato ad aria, provvisto di un cambio manuale a 3 rapporti, trasmissione diretta alla ruota posteriore (senza catene e/o cinghie) accensione a volano magnetico, freni a tamburo sia davanti che dietro e ruote da 8 pollici facilissime da cambiare in caso di foratura. Soprattutto, non aveva più il tunnel centrale!
Il nome Vespa.
Enrico Piaggio quando la vide per la prima volta ne rimase estasiato dalla praticità di utilizzo e dalla semplicità delle linee, in definitiva il profilo della Vespa si disegna con quattro linee. Rimase ben impressa nella storia la sua frase esclamata alla vista di quel mezzo e all’udire lo scoppiettio allegro del piccolo motore “Sembra una Vespa!”, e Vespa rimase, l’MP6, con piccole modifiche, diventò la Vespa 98, la prima Vespa commercializzata.
Da quella Vespa poi nacquero tutte le altre, e insieme a loro nacque e prese forma il Mito Vespa, un mezzo con uno stile inconfondibile e tipicamente italiano.
Vespa. Patrimonio italiano.