#6 Quella volta che… L’Era invase Ponsacco
Oggi, 10 anni fa, il fiume Era invase Ponsacco; tutti qua in Paese in queste ore stavamo lottando contro l’acqua ed il fango per salvare il salvabile. Tante famiglie persero tutto, alcune persero tanto, per fortuna nessuno perse la vita.
“Che facciamo? Entriamo?”
Quella mattina, come tutte, stavo andando a scuola a Pontedera; dovete sapere che il Villaggio Scolastico è stato costruito in mezzo a due fiumi: l’Era e l’Arno. Negli anni ’70, con la costruzione dell’ITI e poi in successione di tutte le altre scuole, non ci fu molta lungimiranza.
Col solito passo di chi è sul filo del ritardo, mi incamminai sulla strada per la scuola fino ad arrivare alla “passerella”, un ponte pedonale che porta al Villaggio Scolastico; l’Era letteralmente sfiorava la soletta in cemento armato della passerella, si sentivano le vibrazioni date dallo scorrere dell’acqua.
“Che facciamo? Entriamo?” ci domandavamo con una sensazione strana che ci attraversava, metà per l’occasione di saltare un giorno di scuola e metà per la paura fondata di rimanere sott’acqua se uno dei due fiumi avesse deciso di rompere gli argini. Io e pochissimi altri, decidiamo di entrare in classe. Ancora oggi mi risuona in mente lo slogan “Millozzi chiudile” riferito all’allora Sindaco di Pontedera e, sinceramente, ancora oggi non mi spiego il motivo della decisione di lasciarle aperte.
“State ai piani alti”
Dalla finestra della classe vedevo l’Arno che correva veloce a poche decine di cm dalla cima dell’argine. Eravamo in 5 più il prof. di matematica, tutti con gli occhi fissi alle stazioni idrometriche visibili su internet. Pochi minuti dopo, mio padre, corse a prendermi accortosi del peggioramento rapido della situazione.
Tornammo a Ponsacco e cercammo di capire come muoverci; si decise che i miei genitori sarebbero andati in ufficio, nel centro del paese, a piedi mentre io sarei rimasto a casa pronto ad ogni evenienza. Casa nostra è posta su un piano che è leggermente più alto rispetto alle zone immediatamente vicine; la casa dei nonni era a rischio perché leggermente più bassa rispetto alla quota della strada, comunque si erano attrezzati per ogni evenienza avendo posizionato le barriere ad ogni entrata.
Passarono pochi minuti e nell’aria si levò una voce trasmessa dagli altoparlanti delle macchine della Protezione Civile: “State ai piani alti, il fiume Era ha rotto gli argini alle Colombaie”. In una frazione di secondo l’Era invase Ponsacco: tutta la parte Est del paese era immerso nelle melmose acque del fiume che, con una forza incredibile, attraversavano via Chiavaccini per arrivare al ponte e gettarsi nel fiume Cascina che già di suo, era sopra al livello di guardia.
“L’acqua è una bestiaccia”
In uno “schiocco di dita” l’Era invase Ponsacco che si ritrovò diviso a metà e nessuno poteva muoversi; chiamai i miei genitori per dirgli di tornare a casa ma non fecero in tempo e dovettero fare il “giro lungo” passando dal ponte nuovo a sud del paese per un totale di qualche km a piedi; io corsi dai nonni per valutare la situazione e mi accorsi che in poco tempo erano già arrivati i Vigili del Fuoco con le auto anfibie e gli elicotteri.
Casa dei miei nonni era diventata “un’isola”, le paratie alle porte reggevano ma l’acqua stava iniziando a salire dal pavimento ed in poco tempo allagò completamente i “fondi”. Il destino volle che, pochi giorni prima, la Vespa decise di gripparsi e quindi, quel giorno, non era a casa nei fondi ma in officina. Salva per caso.
Mio nonno sentenziò senza appello: “Nini, l’acqua è una bestiaccia… finché non fa livello non si pole fa nulla!” Decisi quindi di provare ad avvicinarmi al punto di rottura dell’argine passando da dove l’Era non arrivava, in pochi minuti arrivai alle Colombaie e lo squarcio era terribile: a occhio 10 metri di argine si erano improvvisamente polverizzati e nei campi c’erano almeno 2 metri d’acqua, per non parlare delle prime case del paese e dei garage seminterrati. Un disastro.
Pala, scopa e secchio
Quando, finalmente, l’acqua raggiunse il livello massimo, iniziò velocemente a calare e tutto si calmò; un paese intero si mobilitò armandosi di secchi, pale e scope. Tentando di salvare il salvabile.
Noi passammo ore nei “fondi” per togliere l’acqua limacciosa, un secchio dopo l’altro. Eravamo fortunati perché tanti altri erano messi peggio di noi, infatti non andammo neanche a chiedere un’idrovora ai Vigili del Fuoco, ci saremmo sentiti in colpa.
Nel frattempo il paese balzò agli onori della cronaca, a livello nazionale tutti parlavano di Ponsacco e le varie analogie comuni al più famoso alluvione del 1966; addirittura intravidi una giornalista con troupe al seguito che, stivali ai piedi, voleva provare ad entrare nei campi per avvicinarsi allo squarcio, ovviamente fermata dai VVF.
Questa è la storia di quando l’Era invase Ponsacco nell’ormai lontano 2014, una giornata surreale che per tanti durò più di 48 ore; un evento che tirò fuori la bontà delle persone che, unite dal destino si aiutavano a vicenda per cercare di salvare i “frutti” dei sacrifici di una vita intera.
Una giornata che ancora oggi mi lascia degli interrogativi, come la mancata chiusura delle scuole e cosa sarebbe successo se la Vespa fosse stata a casa.
Una giornata che difficilmente mi scorderò.
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